mercoledì 2 settembre 2009

A is for Alcohol

Avete in mente le scene dei film di feste nei college americani? Quelle in cui c'è un ragazzo enorme seduto su una sedia che urla a tutti cose senza senso; quelle in cui un tavolo molto piccolo è completamente pieno di lattine e bottiglie di alcolici (in realtà quasi solo birra); quelle in cui si sta tutti stretti, col fiato che sa solo di alcool; quelle in cui tutti bevono di nascosto perché hanno meno di 21 anni; quelle in cui arrivano tutte quelle persone, i cattivi del film, con la faccia allungata, gli occhi spenti, a bere anche loro perché, se si beve, loro ci sono.
Avete presente tutto questo? Ecco, è tutto vero, avviene ogni giorno in molti diversi angoli di questa America dalle mille speranze. E' accaduto nel mio appartamento, meno di un'ora fa, mentre io ero fuori, due dei miei coinquilini hanno iniziato a bere una birra con un amico, hanno lasciato la porta aperta e la gente ha continuato ad entrare e a portare da bere. Poteva accadere in tante stanze diverse di questo dormitorio, o di altri dormitori universitari, e sta accadendo proprio ora in migliaia di appartamenti in tutti gli Stati Uniti. E' una nazione malata di alcool, malata a causa del divieto fino ai 21 anni, malata per il conformismo, malata per la velocità che non permette a nessuno di restare indietro, di prendersi il proprio tempo.

Poi però, proprio come in una scena di un film, arrivano le regole, i controlli, le punizioni. E' solo il terzo giorno che siamo qui, in questo dormitorio, ma i responsabili di piano non hanno voluto sentire ragioni e hanno identificato i ragazzi che stavano bevendo. "Warning", un dito puntato contro di loro e "next time they're out", la prossima volta non ci sarà niente da fare, addio New York University, e per molti di loro, addio sogno americano.

Era iniziato come un incubo, è diventata un'esperienza di vita. In realtà proprio quello che mi aspettavo da questi mesi a New York. E manca ancora tanto (troppo) tempo, di cos'altro sarò testimone?

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